Nella prassi penalistica di età bassomedievale la regola contumax pro confesso habetur emerge con chiarezza in gran parte del continente europeo. In Italia essa si impone con particolare forza in età ...comunale, in connessione con due fenomeni che hanno l’effetto di connotare in senso fortemente negativo la contumacia: il processo di pubblicizzazione della giustizia e l’affermazione dei moduli inquisitori. Operando in stretto contato con due altri istituti-chiave, la confessione e il bando, la regola contumax pro confesso habetur – in quanto espressione della presunzione di colpevolezza – gioca dunque un ruolo non secondario nel definire i contorni della giustizia criminale nell’età del diritto comune e costituisce anzi una vera e propria architrave del sistema penale, specie quando si consideri che il fenomeno della contumacia – qualificata dai giuristi come confessio ficta – interessa una parte rilevante del totale delle cause penali. Nel XVIII secolo le risalenti regole romanistiche secondo le quali nessuno può essere condannato senza essere sentito (D. 48.17.1.pr.; 48.19.5.pr.; C. 9.2.6) ricevono nuova linfa, in prospettiva garantista e accusatoria, dalle prese di posizione in tema di contumacia penale assunte da numerosi esponenti dell’illuminismo, tra i quali spiccano i nomi di Voltaire e di Filangieri, che stigmatizzano a più riprese la barbarie del vigente sistema, degno di un «codice da Irochesi» . Nel vivace e stimolante ambiente toscano le nuove sensibilità in tema di contumacia si manifestano in un anonimo contributo apparso nel 1780 sul «Giornale de’ Letterati» e ben presto coinvolgono lo stesso granduca Pietro Leopoldo, che si occupa ex professo dell’istituto in occasione dei lavori preparatori della Leopoldina. In tale contesto, il tema della riforma del regime della contumacia occupa una posizione di particolare rilievo, ed innesca un articolato dibattito tra i fautori di riforme di ampia portata e di ispirazione illuminista (Cercignani) e coloro che si mostrano invece propensi più a una mitigazione degli aspetti più crudi della tradizionale procedura che a radicali innovazioni (Tosi, Giusti). Il contrastato processo di riforma culmina nella redazione di una nuova disciplina dell’istituto della contumacia penale (artt. 37-44 della Leopoldina) che, al pari dei più noti interventi sulla pena capitale e sulla tortura, costituisce una pietra miliare nella storia del riformismo penale settecentesco. Tale disciplina si incentra sulla definitiva abolizione del principio contumax pro confesso habetur e sull’equiparazione tra imputato assente e imputato presente, pur mantenendo una connotazione negativa in ordine alla contumacia, che si trasforma da confessio ficta in semplice indizio sottoposto alla valutazione del giudice.
It is sure that the ne bis in idem constitutes a fundamental right, protected by a plurality of national (article 649 of the Italian Criminal Procedure Code) and European rules (article 50 CDFUE and ...article 4 protocol n. 7 ECHR). However, precisely the “multilevel protection” of fundamental rights that characterizes the Italian system risks - paradoxically - to become an obstacle to the wider operation of the guarantee. The provisions that identify the content of the double jeopardy both at national and European level are based upon different concept (identity of the fact; identity of the offence), with a negative effect about the identification of the objective limits of the ne bis in idem. At the same time, the interpretation of the same provisions by the national judges, ordinary and constitutional, and by the Supranational Courts makes the boundaries of the ne bis in idem generated by a final decision even more uncertain. We refer to the hypotheses in which the ne bis in idem is linked with “parallel proceedings”, where the same fact is sanctioned both by penal and administrative dispositions. The reconstruction of the guarantee provided for by the art. 649 of the Italian Criminal Procedure Code shall strengthen the legality principle and the implies, therefore, on one hand, to reconsider the sameness of the object of the different proceedings; on the other hand, to avoid casuistic solutions, in contrast with to the legality principle, about the duplication of the different proceedings having the same object.
È assunto consolidato che il ne bis in idem costituisca un diritto fondamentale, protetto da una pluralità di fonti nazionali (art. 649 c.p.p.) e sovranazionali europee (art. 50 CDFUE e 4 prot. n. 7 CEDU). Sennonché, proprio la “tutela multilivello” dei diritti fondamentali che connota l’ordinamento italiano rischia – paradossalmente – di trasformarsi in un ostacolo alla più ampia operatività della garanzia. Le previsioni che individuano i presupposti della garanzia sul piano nazionale e su quello europeo si caratterizzano per un contenuto eterogeneo (identità del fatto; identità dell’infrazione), destinato ad incidere negativamente sull’individuazione della portata oggettiva del divieto di secondo giudizio. D’altra parte, l’interpretazione delle medesime previsioni da parte della giurisprudenza nazionale, ordinaria e costituzionale, e delle Corti sovranazionali rende ancor più incerti i confini dell’effetto preclusivo generato da una decisione irrevocabile. Si allude, in modo particolare, alle ipotesi in cui il ne bis in idem venga in gioco in relazione al “doppio binario sanzionatorio”, in forza del quale un medesimo fatto viene sanzionato, al contempo, sul terreno penale e su quello amministrativo. La ricostruzione della portata di garanzia assegnata all’art. 649 c.p.p. deve muovere dalla valorizzazione del principio di legalità processuale e implica, dunque, da un lato, di ricondurre a unità il presupposto rappresentato dalla medesimezza dell’oggetto dei diversi procedimenti; dall’altro, di scongiurare soluzioni casistiche, contrarie al principio di legalità, in rapporto al presupposto della duplicazione dei diversi procedimenti aventi il medesimo oggetto.
É premissa consolidada que o ne bis in idem constitua um direito fundamental, protegido por uma pluralidade de fontes nacionais (art. 649 do c.p.p. italiano) e supranacionais (art. 50 CDFUE e 4° protocolo CEDH). Entretanto, exatamente a “tutela multinível” dos direitos fundamentais que caracteriza o ordenamento italiano – paradoxalmente – corre o risco de se transformar em um obstáculo à mais ampla operabilidade dessa garantia. Ademais, nos panoramas italiano e europeu, as previsões que especificam os pressupostos para a aplicabilidade dessa garantia se caracterizam por um conteúdo heterogêneo (identidade do fato; identidade da infração), destinado a incidir negativamente sobre a definição da perspectiva objetiva da proibição de dupla persecução. Por outro lado, a interpretação das mesmas previsões por parte da jurisprudência italiana, ordinária e constitucional, e pelas Cortes supranacionais torna ainda mais incertos os confins do efeito preclusivo gerado por uma decisão irrevogável. Em particular, alude-se as hipóteses em que o ne bis in idem entre em jogo em relação ao “duplo binário sancionatório”, por força do qual o mesmo fato é sancionado, contemporaneamente, em campo penal e em campo administrativo. A reconstrução da perspectiva da garantia atribuída ao art. 649 do c.p.p. italiano deve partir da valorização do princípio de legalidade processual e implica, portanto, por um lado, a recondução da unidade do pressuposto representado pelo mesmo objeto dos diferentes procedimentos; por outro lado, evitar soluções casuísticas, contrárias ao princípio de legalidade, em relação ao pressuposto da duplicação dos diferentes procedimentos que se refiram ao mesmo fato.
Con il decreto legge n. 132 del 2021, convertito in legge con modificazioni, è stato offerto riparo alla bistrattata disciplina della "Conservazione di dati di traffico per altre finalità" al fine di ...renderla conforme alla normativa europea in materia di protezione dei dati personali ed alle decisioni della Corte di giustizia in questo ambito. La novella legislativa – intervenuta sull’aspetto procedurale della materia, con la previsione di ulteriori condizioni e limiti per l’acquisizione dei dati di traffico telefonico e telematico – per quanto apprezzabile pare non essere stata in grado di superare tutte le lacune presenti nella disciplina della data retention. Ne è un esempio il mancato intervento sui tempi di conservazione dei dati, riforma auspicata dal Garante per la protezione dei dati personali, ma, ad oggi, inattuata. Altro aspetto su cui il legislatore è rimasto silente è la delimitazione dell’ambito soggettivo dell’acquisizione dei dati di traffico per fini di giustizia, ovvero l’opportunità di individuare, con maggior specificazione, i soggetti nei confronti dei quali l’organo giudicante potrebbe autorizzare il conseguimento dei tabulati, dal momento che il fenomeno coinvolge non solo il diritto alla riservatezza dell’indagato ma anche delle persone con cui questi entra in contatto. Ciò premesso, con il presente contributo si intende offrire una rilettura del mezzo di ricerca della prova in esame che – nell’equo contemperamento dei diritti in gioco – si soffermi sulla nuova fisionomia assunta dalla data retention nell’era della digitalizzazione, riflettendo, in particolare, sui traguardi già varcati dal legislatore e su quelli che, a gran voce, chiedono, ancora, di essere raggiunti.
After clarifying that the only truth that criminal judge must declare is the “sad truth” of the defendant’s culpability, the Author of this article disputes the widespread opinion that this truth ...would be a minor and conventional truth, not comparable to scientific or historical ones. Also in the criminal proceedings we pursue the Truth with capital T, which must be regarded as correspondence between the indictment and the facts described in it. Only under these conditions the judgment of conviction can be considered rationally justified.
Dopo avere premesso che l’unica verità che il giudice penale è tenuto a dichiarare è la “triste verità” della colpevolezza dell’imputato, l’Autore di questo articolo contesta la diffusa opinione che si tratti di una verità minore, formale, convenzionale, non assimilabile alla verità dello scienziato o dello storico. Anche nel processo penale si persegue la Verità con la V maiuscola, da intendersi come corrispondenza dell’enunciato d’accusa ai fatti in esso descritti. Solo a queste condizioni, del resto, la sentenza di condanna può ritenersi razionalmente giustificata.
Depois de esclarecer que a única verdade que o juiz criminal deve declarar é a “triste verdade” da culpabilidade do acusado, o Autor deste artigo questiona a visão disseminada de que essa verdade seria uma verdade menor, formal e convencional, não comparável com a verdade científica ou histórica. Mesmo no processo penal se persegue a Verdade com V maiúsculo, que deve ser entendida como a correspondência do enunciado da acusação e os fatos nela descritos. Somente se atendidas tais condições é que a sentença condenatória poderá ser aceita como racionalmente justificada.