La pubblicazione dell'ultimo libro di James Hankins offre l'opportunità di intraprendere un esame critico della storiografia sul pensiero politico rinascimentale in Italia e nell'area anglofona. ...Questo esame dovrebbe includere un confronto dei metodi e dei meriti dei diversi approcci al tema, così come presentati nelle pagine del suo volume.
L'eloquenza del Re Guido Cappelli
CESURA,
06/2022, Letnik:
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Il saggio mira a dimostrare il ruolo svolto dalla dottrina politica nella narrazione storica del De bello Neapolitano di Pontano, al fine di veicolare la posizione filoaragonese dell’autore, al di ...fuori degli schemi della propaganda ufficiale o dell’encomio letterario. In particolare la figura di Ferrante d’Aragona assume una dimensione eroica fortemente potenziata dall’uso cosciente di elementi della teoria politica. Si analizzano dunque le strategie comunicative in due discorsi, naturalmente fittizi, cioè costruiti dall’autore, che, nel primo libro, il Re rivolge rispettivamente a se stesso e ai suoi soldati, in altrettanti momenti critici della vicenda narrata.
Editoriale Direzione Scientifica; Guido Cappelli; Fulvio Delle Donne
CESURA,
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CESURA - Rivista è espressione delle posizioni critiche e storiografiche di CESURA, nella sua duplice configurazione di associazione e di centro interuniversitario internazionale. Riflette la ...vocazione all’interdisciplinarietà e all’integrazione di diverse discipline (in particolare letteratura, filologia, linguistica, storia, arte) dimostrata negli incontri seminariali degli ultimi anni: nel più alto sguardo prospettico che li ha caratterizzati, l’espressione letteraria, la testimonianza documentale, la rappresentazione artistica si sono sempre integrate e la dimensione artistico-culturale non si è mai separata da quella ideologica e dottrinale. La vocazione della rivista, dunque, è riprodurre sinteticamente l’intrinseca varietà e la coesa interazione dei modelli e delle attestazioni storico-culturali dell'Umanesimo e del Rinascimento che si generarono nel Regno dell'Italia meridionale e nella Corona d'Aragona. L'editoriale è stato scritto da Guido Cappelli e Fulvio Delle Donne con la collaborazione degli altri membri del Direttivo di CESURA.
Significativa, per esempio, è l'ingenuità, o la deformazione ideologica, per cui un intellettuale della taglia di Claude Lefort cerca di ricondurre alle misure tollerabili del politically correct ...l'ansia espansionistica di Machiavelli, un esercizio di neutralizzazione ideologica che Pedullà giustamente non esita a definire «inaccettabile» (p. 402 n.) Ma è soprattutto a Quentin Skinner e alla cosiddetta "scuola di Cambridge" che si indirizza la critica ragionata dello studioso romano, il quale si basa su un assunto difficile da controbattere: «Ciò che dopo la Rivoluzione francese il pensiero repubblicano ha concepito come diritto di natura o frutto della ragione ... per gli uomini dei comuni medievali si presenta invece come un diritto tradizionale ... un diritto di inscriversi all'interno di una cultura delle libertà ... piuttosto che della libertà» (pp. 18-19, corsivi miei; qui, tra l'altro, sarebbe stato d'uopo il rimando agli studi di Paolo Grossi): vale a dire, l'insuperabile semplificazione anacronistica che scardina qualsiasi velleità di longue durée: non perché concepire la longue durée sia illegittimo in generale, ma perché qui è storiograficamente fuorviante: non resisto, a tal proposito, alla tentazione di citare la critica fulminante con cui Pedullà mette in luce l'incomprensione, ai limiti del naïf, del tumulto (e con esso, si sarà compreso, forse dell'intero pensiero machiavelliano) da parte dei due critici anglosassoni: «Mentre Skinner si sbarazza dei tumulti attraverso la loro "parlamentarizzazione" (è la tesi del bicameralismo), Pocock li cancella relegandoli nello spazio del prepolitico» (p. 125, nota 58).
Sulla falsariga di una recente edizione del Secretum, il saggio propone un tentativo di revisione del pensiero petrarchesco nel suo complesso, a partire dalla convinzione che ogni generazione ha il ...diritto-dovere di riavvicinarsi alla letteratura, e soprattutto ai grandi classici, secondo i propri orizzonti e la propria sensibilità. Su questo sfondo, si mette in discussione la lettura novecentesca di Petrarca, giudicata troppo accomodante e compiaciuta, e se ne avanza una radicalmente diversa, di un Petrarca profondamente conflittuale, in dissidio con se stesso, con il proprio tempo e, soprattutto, con Dio. In tal senso, l'esperienza petrarchesca va ancora al di là della modernità, indicando, al lettore che lo contempla à rebour, i primi sintomi del disagio culturale ed esistenziale postmoderno.
Drawing inspiration from a recent edition of Petrarch's Secretum, this paper proposes an attempt to revise the entire Petrarchan thought. It is grounded on the conviction that every generation has the right and duty to approach literature, and particularly great classics, according to its own horizons and sensitivity. Whereas it calls into question the critical approach of Petrarch's work developed in the twentieth century − considered by the author too accommodating and self-satisfied −, on the other hand, a radically different reading is put forward : one that sees a deeply conflicted Petrarch, at odds with himself, with his own time and, more importantly, with God. In this sense, Petrarch's experience is far beyond modernity, and points out to his readers − who contemplate him à rebour − the first signs of postmodern cultural and existential discomfort.
La nozione di fontes si va dimostrando sempre meno adatta a riflettere la ricchezza e la complessità della letteratura umanistica. Nei fontes consegnati a pie’ di pagina si riflette, meccanicamente e ...quasi materialmente, la concezione di una modernità subalterna e gregaria rispetto al pensiero classico. Questo articolo propone un diverso approccio allo studio del testo umanistico, basato sull’individuazione di genealogie culturali che mettano in luce tutti gli elementi dottrinari che a vario livello conformano un’opera. Il testo preso in esame è il De republica di Lauro Quirini, un trattato politico quattrocentesco in cui coscientemente l’autore innesta su una base aristotelica elementi del pensiero politico di tradizione latina, classica e medievale, adattando l’insieme alle circostanze ideologiche della sua epoca. The concept of fontes has shown its ever decreasing suitability to reflect the richness and complexity of humanistic literature. In the fontes printed as footnotes is reflected, mechanically and almost physically, the idea of a subaltern and gregarious modernity with regard to classical thought. This article presents a different approach to the study of the humanistic text, based on the identification of cultural genealogies which display all the elements of doctrine that make up a written work at various levels. The work examined is the De republica by Lauro Quirini, a fifteenth-century political treatise in which the author consciously inserts elements of the political thought of the Latin, classical and medieval traditions to an Aristotelian base, adapting such an ensemble to the ideological circumstances of his era.